Il mio Subbuteo era un po' diverso

Autunno 1973, ero in quarta elementare.

Porte con i mattoncini di lego, 22 tappi di minerale che facevano da giocatori, campo sul pavimento in parquet della mia cameretta, e via partitoni con i compagni.

Poi un giorno inaspettata "la luce".

Su Topolino si pubblicizza l'imminente uscita nei negozi del Subbuteo, il calcio in miniatura.

Arriva dall'Inghilterra, patria del calcio d’ogni tempo, è la che c' è Wembley, lo stadio degli stadi, è la dove il calcio si è creato, è la dove ci sono i team dai nomi leggendari: Arsenal, Nottingham, Manchester, Liverpool, tutti gli altri....mio Dio spettacolo puro.

5.600 lire era costo di un sogno, 5.600 lire la dotazione minima 2 squadre, le porte e due palloni, era un bel costo per un gioco, allora una macchinina 1/43 costava 500 lire.

"Dai Giorgio pazienta un po' il Subbuteo te lo porterà Gesù Bambino, ma il campo lo faremo noi sul panno verde che  comprò nonno Alberto per fare un bel loden, visto che ne ho ancora un bel pezzo", così mi disse mamma Erna, e così fu perché ogni sua promessa era debito, o almeno lo era se stavo bravo e ubbidiente.

Mai avrei pensato che l'autunno di 42 anni dopo, quegli stessi omini avrebbero ancora intrigato la mia vita.

Invece eccomi qui a scrivere qualche considerazione molto personale reduce da una partecipazione al campionato a squadre di serie C a San Benedetto del Tronto.

Devo dire la verità, ero già stato in primavera agli Italiani assieme a mio figlio Thomas che ha iniziato da pochissimo, e mi ero ripromesso di non rimetterci piede per certi atteggiamenti che avevo trovato molto distanti dal mio modo d’essere che a 52 anni mi porta a vedere ogni cosa con un occhio diverso rispetto a quando ero giovane.

Gioco per divertirmi e rilassarmi con la correttezza e lealtà che ha sempre contraddistinto il mio ideale di sportivo attivo in tante discipline.

Ho sempre inteso sport e gioco innanzitutto una sfida con se stessi, ed ho sempre pensato che un punto o un vantaggio ottenuto con l’inganno non mi avrebbero assegnato una vittoria degna di tale nome.

Se vinco devo vincere perché sono superiore punto e basta. Questo insegno ogni giorno ai miei figli in ambito sportivo.

L'amore per questo gioco con il quale ora ho un rapporto anche di odio, e la promessa fatta ai compagni di Trento, mi hanno riportato al PalaSpeca.

Ma perché odio amore??

Beh amore manco servirebbe dirlo: ogni volta che piazzo quegli 11 omini sul tappeto verde rivivo l'emozione del primo giorno, di ogni torneo fatto, di ogni gol segnato, di tanti amici con cui mi sono divertito per pomeriggi che si avrebbe voluto non finissero mai.

Odio, perché ora mi sento imbrigliato in regole a dir poco strane, astruse dalle similitudini con il calcio vero, tempi di gioco lentissimi, esasperanti ed esasperati dai players, protagonisti posseduti dagli eccessi, materiali diversi dove la "rudola" o "rotolino" che dir si voglia, per me essenza del gioco, è diventata utopia o quasi.

"Ma che cavolo vuoi pensate voi a questo punto! Vai a giocare a old e non rompere i maroni!"

Il che potrebbe anche essere una buona idea non fosse che a me piacciono le sfide nuove e provare a vincere anche con questo tipo di "gioco diverso".

Ma vengo al dunque di questo mio piccolo contributo focalizzando alcune cose che mi sento di dire con la consapevolezza che probabilmente a nessuno ne importerà nulla, ma che mi piace esporre a chi avrà la voglia di leggere un parere di un giocatore, magari scarso, ma che di ore sul panno verde ne ha passata qualcuna in 42 anni di gioco più o meno assiduo.

Un primo punto riguarda la considerazione in merito al clima dei campionati.

A me è parso che nonostante un apparente "volemose bene" e "semo tutti amici", come peraltro evidenziato anche da alcuni tristi episodi (omini frantumati per ipotetiche rappresaglie e borselli sottratti ancorché  poi ritrovati con tanto di intervento di polizia), la sostanza sia ben altra.

Intendiamoci non che ci amassimo tutti nemmeno un tempo, ma ora mi pare che si è abbastanza distanti dalla semplice tensione emotiva che permeava anche i campionati anni ‘80, quando vincevano i vari Frignani (grande Renzo non ti ho ancora rivisto ma non dispero !!), Massino, Bellotto & C.

Gli urli gutturali emessi già al primo gol realizzato evocano sfoghi disumani, quando giochi alcuni arbitri sembrano dover dimostrare un potere superiore assegnatoli da chissà quale divinità: alcuni sono dotati di distanziatori laccati oro sfoderati dal taschino per misurare distanze in modo ineccepibile, ma con tempi biblici anche allorquando un cm in più o in meno non ha nessuna influenza, cosa che io faccio ancora affiancando alla buona due dita.

Quando arbitri, diventi bersaglio (almeno su decisioni marginali perché poi su cose importanti ognuno se può tende a fare il furbo), di immediate occhiate di intesa maliziosa tra i contendenti che senza mezzi termini cercano di farti passare per rincitrullito, perché “a certe cose non ci fa caso nessuno” o forse sarebbe meglio dire “perché va bene a molti che nessuno ci faccia caso”.

Ne è un esempio il “tocco-spinta”, inventato immagino dai seguaci di Gustav Thoeni che negli anni ‘70 inventò il “passo spinta” per danzare tra i paletti dello slalom speciale disciplina dello sci alpino, con notevole successo fino all’avvento del famoso “Ingo” Stenmark che arrotondando la curva, cosa apprezzabile soprattutto se eseguita a regola d’arte su una gentil donzella, gli fece poi letteralmente il “c…..” .

Ma qui tra noi subbuteisti SPINGERE anziché FLICKARE (che letteralmente si traduce dall’inglese con “dare un colpetto”) fa una bella differenza dal punto di vista rischio back, fallo e perfetto spostamento millimetrico, perché l'uno permette ogni tipo di porcheria e l'altro invece é nelle doti esclusive dei più dotati che possiedono tecnica, sangue freddo e dito non tremolino.

Parimenti è a mio modo di vedere stucchevole notare con che naturalezza il gioco in velocità' viene penalizzato dai "recuperatori del tocco", che incuranti di ciò che fa l'avversario e complici gli arbitri che non ritengono opportuno intervenire per non avviare una discussione ogni volta, fanno tanti tocchi difensivi quanti ne ha fatti l'attaccante anche con mezz'oretta di ritardo.

Gioverebbe ricordare che, se eseguo un tocco in rapida successione senza dar tempo all'avversario di difendere, il tocco corrispondente non eseguito è irrimediabilmente perso.

Non meno allucinante risulta il tempo tecnico di “meditazione” tra un tocco e l'altro, che se già risulta cospicuo nella normalità, quando qualcuno passa in vantaggio e soprattutto si avvicina la fine del secondo tempo diviene ”eterno”.

Per aver chiamato un cambio dopo non meno di 15 secondi e ben 3 giri del campo mi sono sentito non pochi improperi.

Mi fa poi sorridere invece la assoluta attenzione posta all’inavvertito sfioramento ininfluente di un giocatore della propria squadra o dell’altra in zona assolutamente non interessata dall’azione, mentre passa quasi inosservata la costante e molte volte maliziosa presenza della mano del difensore anche in traiettorie potenzialmente interessate dal transito del pallone, o che comunque impediscono la buona visone dell’area di gioco. Addirittura sono consueti gli incroci di mani.

Le ostruzioni di mano culminano poi in un frequente fallo fuori area di rigore su tiro in porta, che data l’inesistenza della vecchia cara punizione diretta non è certo vantaggio paragonabile e adeguato al torto subito per i tiratori al volo.

Forse il ripristino della punizione diretta vedrebbe un accelerazione dello spostamento della MANAZZA, e un minor utilizzo della dimenticanza della stessa tra gli “zebedei”. 

Tanto di cappello va al COL sempre ben presidiato da Filippo Rossi, che mi è parso perfetto in tutto, anche in versione DJ (ottima la DISCO pre-incontri, mi scappavano le gambe !!).

Unica pecca forse l’avere un po' troppa tolleranza nel consentire sistematicamente nell'area gioco un afflusso ben superiore a quello sulla carta accordato al solo 5° uomo del team.

Personalmente tornando alle regole auspicherei che si potesse disporre di un canale aperto per l’invio di “suggerimenti cambio regole internazionali” da utilizzare per suggerire modifiche costruttive e sensate che permettano arbitraggi più rilassati e con medesimo metro.

Ad esempio anche il ripristino di una sana regola che preveda che la falange deve toccare il campo oltre che la base per flickare eviterebbe di vedere improbabili inserimenti del dito tra due miniature con sempre discutibile tocco sulla base da parte dei giocatori.

Io ritengo infatti che tutti indistintamente privi di spazio fisico, finiscano sempre per spingere le miniatura anziché colpirla correttamente, per evidente impossibilità di rincorsa minima del dito.

Un ultimo appuntino potrebbe riguardare il “tempo gioco”, sistematicamente cronometrato da 2/3 timer a bordo campo, che una volta mi pare di ricordare manco si poteva conoscere.

Ognuno faceva partire al massimo il proprio cronometro da polso, mentre ora viene addirittura contato al secondo dal 5° uomo in queste manifestazioni d’equipe, causando nervosismo e palese fastidio soprattutto tra i giocatori in rincorsa.

Pensa te che io nella mia strana mentalità manco l’ho mai voluto sapere (e così faccio tutt’ora perfino nelle amichevoli) ed evito di controllare anche sull’orologio per non condizionarmi né nella fretta, notoriamente cattiva consigliera una volta in svantaggio, né nella pigrizia, per rispetto di chi deve recuperare, visto che la stessa fa “volentieri” capolino quando stai vincendo.

Sono proprio vecchio e fuori dai tempi!

Scusandomi per l’esser andato lungo, e questa volta non di tocco, forse anche a sproposito, qui mi taccio e vi saluto.

                                                                                          Giorgio Manfioletti